Il litigio nelle coppie è fisiologico. Occorre imparare presto a litigare bene. Da dove nascono in genere i litigi? Da aspettative deluse. Il nostro vissuto relazionale è fatto di comportamenti attesi. Ci aspettiamo cioè che l’altro o l’altra si comportino in un certo modo. Vale nel mondo del lavoro, dell’amministrazione pubblica, delle amicizie. Vale anche nel rapporto affettivo intenso di una relazione a due. Ma i comportamenti attesi sono legati ai nostri schemi mentali, alle nostre esperienze pregresse, al nostro stile di vita. E poiché ognuno di noi è portatore di storie personali diverse, ecco che quando ci si incontra con l’altro emergono differenze, tratti che possono essere spesso diversi. Di qui la delusione, accompagnata da una sensazione di rabbia.
Come si fa a litigare bene?
- prendere atto innanzitutto che il litigio è appunto fisiologico, e quindi non drammatizzare questa esperienza quando accade, con la messa in discussione del rapporto.
- gestire la rabbia naturale che segue un litigio, soprattutto da parte di chi prova la delusione all’origine del litigio. La rabbia non va rimossa, non va controllata, altrimenti diventa un peso negativo nella relazione.
- evitare di scaricare la propria rabbia con le offese personali. Questo metodo è devastante. Ci si libera dell’emozione negativa, ma si lasciano macerie psicologiche nell’altro, ferite che difficilmente si rimarginano .
- imparare al più presto il “metodo IO” al posto del “metodo TU”.
Proviamo quando litighiamo ad evitare il “Tu sei” seguito da termini negativi, e invece usare ” Io sento, io provo”. Entro in casa e trovo disordine? Non dire “Tu sei disordinato/a, ma piuttosto “Io non mi sento a mio agio con questo disordine”. L’altro arriva in ritardo: non “Tu sei sempre il solito ritardatario”, ma “Io sto male quando uno non è in orario” e via dicendo.
Quali vantaggi si ottengono con questo metodo?
- si è oggettivi. Dire il proprio disagio esprime un dato di fatto, che l’altro non può contestare.
- non si offende la personalità dell’altro, con giudizi “tu sei sempre, tu non sei mai…”
- l’altro non si sente personalmente attaccato e quindi non risponde subito, che è il tipico meccanismo delle litigate. L’altro/l’altra rimane sorpreso/a dal nostro modo di esprimere la delusione per il suo comportamento mancato o non adeguato, o sbagliato. E’ portato a riflettere, mentre noi ci siamo liberati comunque della nostra rabbia.
Negli incontri con le coppie in sofferenza, o nelle confereze pubbliche raccomando questo:
- mai usare il verbo essere alla seconda persona, il “tu sei”…
- evitare le parole “mai” e “sempre”
- usare la prima persona nei verbi: “Io provo, io sento”….
Assicuro che funziona!
Silvano Bordignon, Psicologo